Verso lo stato attuale
I primi dati circa il numero degli abitanti del capoluogo risalgono al censimento del 1648 che risultarono in numero di 326 e che calarono a seguito della peste del 1656/57. Nel 1708 vi erano 436 abitanti e nella seconda metà del 1700 erano 821.
Nel corso degli anni, l’ambiente, il clima, le particolarità del terreno, hanno dato ai tre villaggi un aspetto urbanistico diverso, anche se nell’essenza hanno conservato elementi comuni.
Dalla ricerca di Giovanni Passarelli riportiamo quanto segue:
I partigiani della repubblica partenopea saccheggiarono i casali di Abatemarco, di Massicelle e di Montano dal 1800 al 1805. I sostenitori del Borbone, che accrescevano le file dei briganti, assalirono gli stessi ripetutamente dal 1805 al 1811. Case bruciate, campagne devastate, delitti atroci furono all’ordine del giorno. Le crudeltà ricordavano le antiche incursioni saracene e, come allora, il popolo ebbe nella fuga l’unica possibilità di salvezza. Le montagne del nostro circondario brulicavano di briganti: Michelangelo Luongo, Pasquale Rosa, Gaetano d’Elia, Nicola di Benedetto e Pompeo Trivelli furono i più noti. Il disordine e la paura dilagavano e gli sforzi dell’esercito furono insufficienti.
Molti amministratori contribuirono in proprio a “dar man forte ai briganti”. Nicodemo Bianco di Abatemarco, nel 1800, fu il primo, in ordine di data, di questi “galantuomini - predatori”. Il borbonico casale di Abatemarco, nel 1800, fu assalito e saccheggiato dai repubblicani. Anche a Montano nel 1806 dopo un assalto da parte di rivoltosi, la cassa comunale sparì. Nello stesso anno la casa comunale di Massicelle fu assalita.
Nel 1809 re Ferdinando tentò di riconquistare il regno di Napoli con un esercito spalleggiato dalle bande dei briganti e i saccheggi ripresero. Il primo agosto 1809 una banda di quattrocento uomini, capeggiati da Michelangelo Luongo, bruciò tutte le case di Montano e devastò le campagne per vendicare “l’oltraggio” di “aver accolto i Francesi a suon di campane”. Il popolo cercò scampo nella fuga. Coloro che non riuscirono a scappare furono trucidati barbaramente. Nove persone furono massacrate in piazza, molti altri nei luoghi dove furono sorpresi. Nello stesso giorno anche Massicelle fu distrutta e i briganti “giustiziarono” due persone. Solo Abatemarco non fu “oltraggiato”.
Il brigantaggio era stato per il governo borbonico una vera piaga ed i provvedimenti presi una inutilità. La formazione di un corpo di Truppa Volante, ingrossato da contingenti di civili, ottenne scarsissimi risultati. La zona era troppo vasta, e spostarsi senza mezzi e, soprattutto, senza strade, era quasi impossibile. Anche l’istituzione di una Guardia Civica (o Urbana) nei singoli comuni, voluta da Ferdinando IV, non ebbe alcun esito positivo, in quanto non si ebbe da parte dei civili la collaborazione necessaria. Tra gli stessi civili spesso vi erano i manetungoli dei Banditi. Nel 1806, prima Giuseppe Napoleone e poi Murat, affrontarono il problema con autentico spirito militare, impiegando nella lotta esercito e strategia militare.
Giuseppe Napoleone utilizzò tre battaglioni ed un grosso distaccamento di cavalleria. I briganti, dunque, non ebbero vita facile e nel 1813 con le ultime repressioni effettuate dal generale Fouchon, furono definitivamente sconfitti.